Guido Corradi

Revisore dei conti di Fondazione ANDI

Abbiamo fatto due chiacchiere con lui sulla Fondazione: ecco cosa ci ha risposto.

  • Dall’Africa all’India e all’Italia, la tua storia dice che sei un volontario davvero instancabile. Da cosa nasce la tua voglia di migliorare il mondo?

Probabilmente dall’educazione cattolica ricevuta e soprattutto dall’esempio che mi ha dato mia madre, la quale,  pur essendo vedova e  molto povera, mi ha insegnato, con i fatti, che “il bene che fai esce dalla porta e rientra dalla finestra” e che “la ricchezza, non è sinonimo di felicità”.

Sono poi cresciuto, negli anni 60, all’oratorio parrocchiale dove, oltre che giocare a calcio, si imparava a vivere e a discutere insieme agli altri e a non pensare solo a sé stessi. Stavamo sempre insieme, sia nel gioco che a raccogliere carta e ferro vecchio per progetti umanitari. Il “gruppo” veniva assolutamente prima dei singoli; esattamente il contrario di quanto accade oggi. All’Università poi, erano gli anni 70, tutto si decideva in assemblea e si discuteva tantissimo. Gli ideali volavano alto! Dopo la laurea in medicina ho poi esercitato l’attività di medico di famiglia e sono entrato nel mondo del volontariato, sperimentando di persona quanto sia vero il detto: “La vera gratificazione non sta tanto nel possedere tante cose, quanto nel fare qualcosa, gratuitamente, per gli altri, per chi è nel bisogno”. È una gioia che non svanisce in fretta, ma dura a lungo.

 

  • Sei ufficialmente il “papà” del progetto di Fondazione ANDI in Ladakh. Com’è nata questa idea? Come mai proprio il Ladakh?

L’idea di realizzare due ambulatori odontoiatrici nello Zanskar, una valle  sperduta a quasi 4.000 metri di altitudine, distante 2/3 giorni di fuoristrada da Leh, la capitale del Ladakh, nasce nel 2009, quando un caro amico della mia città mi chiese di andare con lui per montare una piccola tenda che chiamammo, un po’ pomposamente, “Dental Clinic” e dove effettuammo un Pronto Soccorso odontoiatrico a favore delle migliaia di abitanti della valle, accorsi per ascoltare gli insegnamenti del XIV° Dalai Lama. Alla fine dei tre giorni di lavoro, le autorità locali ci ringraziarono tanto ma ci dissero anche: “Noi avremmo bisogno di un dentista non solo pochi giorni, ma tutto l’anno!” Ecco come è nato il progetto Ladakh – Piccolo Tibet. Un’idea che allora reputai “pazza e irrealizzabile”!

Grazie a Fondazione ANDI siamo però tornati nella Zanzkar Valley nel 2011 e tutti gli anni seguenti e dopo tante peripezie, nell’agosto 2016, nello stesso punto in cui piantammo la tenda 7 anni prima, è sorto un piccolo presidio sanitario voluto espressamente dal Dalai Lama e sono stati allestiti 2 studi dentistici, dotati di una sala sterilizzazione e due poltrone odontoiatriche. Quest’anno, poi, da giugno a settembre 2017, sono stati organizzati ben  “5 gruppi di volontari” per un totale di 18 volontari di Fondazione Andi che si sono recati nei villaggi e nei monasteri, anche i più sperduti, dove hanno istruito, visitato e curato centinaia di studenti e pazienti. Sono pochissime le organizzazioni di volontariato che riescono a inviare, in luoghi così disagiati, un così alto numero di dentisti volontari. Ma non è tutto. Domenica 16 luglio 2017 si è svolta l’Inaugurazione ufficiale del piccolo ospedale e dei due ambulatori dentistici realizzati per conto di Fondazione ANDI alla presenza di Sua Santità il XIV° Dalai Lama in persona! Io e Lui – insieme. Un avvenimento memorabile!

Un sogno, nato 8 anni fa e che sembrava una follia, si è invece realizzato.

 

  • Sei (anche) il promotore del progetto “Adotta Un Sorriso di un Bambino” a Reggio Emilia, la tua città. C’è una storia che ti ha colpito più delle altre? 

La sezione Andi di Reggio Emilia è sempre stata molto sensibile ai progetti umanitari e di volontariato, in particolare da quando è nata Fondazione Andi onlus. Non poteva pertanto non aderire al progetto “Adotta un sorriso di un bambino”. Quando dico la sezione Andi, in realtà intendo “i soci dentisti”. Molti sono infatti i colleghi di Reggio Emilia impegnati in prima persona in progetti di volontariato. Non è stato difficile pertanto trovare 30 odontoiatri che si prendessero cura di un bambino, una volta all’anno. È un progetto tanto semplice quanto bello.

Una storia che mi ha colpito? L’arrivo nel mio studio di una famiglia di profughi arrivati in Italia dopo essere rimasti per 6 mesi in un campo rifugiati della Siria, in una tenda. Padre, madre e due bambini. Comunicavamo tra di noi grazie al cellulare e a Google translator. Una bella esperienza.

 

  • Tre aggettivi per raccontarti.

Testone (non mollo mai!). Un po’ incosciente e imprudente … ma  generoso.

 

  • Tre parole per descrivere Fondazione ANDI.

Indispensabile, una risorsa poco conosciuta da chi, in realtà, dovrebbe sostenerla: i soci Andi.

 

  • Cosa vorresti riuscisse a fare Fondazione ANDI nei prossimi 3 anni?

Riuscire a farsi conoscere e apprezzare meglio, in particolare dalla base dei soci Andi che potrebbero così supportarla di più, devolvendo, per esempio, il loro 5×1.000. Perché una Fondazione più autosufficiente economicamente, potrebbe agire di più e meglio. Con vantaggi per tutti.