Dagli altopiani del Ladakh alle colline emiliane, è qui che si è chiuso il cerchio dell’esperienza dei colleghi volontari che hanno scelto di dedicare le proprie vacanze estive a curare la popolazione dello Zanskar. Lo scorso 30 settembre, i diversi team si sono infatti ritrovati alla Casa del Tibet, fra le antiche mura dell’affascinante borgo medioevale di Votigno di Canossa, per conoscersi, scambiarsi impressioni e fare il punto sulla comune esperienza. “Intenso”, “emozionante” e “profondo”, in qualche caso “estremo”, per qualcuno addirittura “mistico”. È con questi aggettivi che i volontari che abbiamo incontrato hanno definito questo viaggio che non è stato solo una sfida professionale ma, prima di tutto, umana e personale.
“Non rinunciate a causa dei dubbi” – risponde Riccardo Alderuccio socio ANDI Ancona, quando gli chiediamo cosa direbbe a chi sta pensando di affrontare un’avventura simile. Partito con la prima spedizione, il dottor Alderuccio ha lavorato con la dottoressa Barbara Pianini per preparare il terreno per le missioni successive. Un impegno organizzativo e logistico non privo di difficoltà che probabilmente ha contato meno interventi odontoiatrici sulla popolazione ma che è stato fondamentale per il successo dell’intera spedizione. “Quando si è con un gruppo sano di validi professionisti – sottolinea – le incertezze e i problemi si risolvono velocemente”. Lo conferma Massimo Casagrande, partito a fine luglio da Trento per la sua prima esperienza di volontariato. “Per affrontare questo compito occorre essere pronti da un punto di vista sia fisico sia mentale. I momenti di difficoltà non sono mancati ma ero circondato da persone in gamba e, grazie all’impegno di tutti, i risultati sono sempre arrivati. Dal punto di vista professionale mi sono spesso ritrovato nella situazione di dover fare molto da solo, senza il supporto dell’assistente o dell’igienista, mi sono però armato di buona volontà e ho cercato di lavorare al meglio di ciò che potevo. Anche questo è stato un arricchimento. Se ci sarà una prossima volta per me sarà certamente più consapevole. Mi sono gettato in questa avventura senza sapere bene cosa mi aspettasse, ora sapendolo so anche di poter dare di più. Intanto mi godo il rientro e il ricordo di questa esperienza”.
È grande l’entusiasmo anche delle due giovani colleghe, le dottoresse Maddalena Chermetz e Giovanna Furlani, partite da Trieste con l’ultima missione di agosto. “Quelle in Ladakh sono state tre settimane dal ritmo intenso e condizioni difficili che però ci hanno aiutato a vedere le cose da un’altra prospettiva. Siamo partite con una visione e un approccio necessariamente occidentali ma in quei luoghi remoti abbiamo imparato a dare priorità diverse al nostro lavoro, siamo diventate più consapevoli della ‘necessità di fare’. Per questo e grazie allo scambio di esperienze con nuovi colleghi siamo tornate sicuramente arricchite. A chi vuole partire diciamo: ‘ Buttatevi, andrà bene!”, si torna stanchi ma è davvero un’occasione per aiutare gli altri e per visitare un paese magico, entrando davvero in contatto con la popolazione e la realtà di quel luogo”.