Ci sono quegli incontri che non scorderai mai, per me uno di questi è stato il 16 luglio 2017 con l’ultimo Dalai Lama. E pensare che quest’estate non sarei nemmeno dovuto partire per il Ladakh!
A inizio anno avevo stabilito – anche per non correre il rischio di indispettire la mia paziente moglie che non porto a fare una vera vacanza da almeno dodici anni – che avrei organizzato e coordinato dall’Italia le missioni dei colleghi e che poi sarei partito per l’Africa. Ma il destino ha deciso altrimenti e mi ha posto davanti a un’occasione che non potevo non cogliere.
Il mio lavoro per la missione 2017 è iniziato con la sorprendente richiesta di una trentina di colleghi disposti a partire come volontari nel periodo estivo per adoperarsi nel nostro ambulatorio odontoiatrico e curare la popolazione locale; alla fine, messe insieme le richieste di tutti e le necessità del progetto, sono partiti in diciotto, provenienti da tutta Italia, suddivisi in cinque spedizioni tra il mese di giugno e quello di settembre. Dall’inizio dell’anno ho lavorato insieme a loro per organizzare nel dettaglio la missione, in particolare i trasporti che, come ho più volte avuto modo di sperimentare personalmente, non sono affatto semplici. Oltre a questo, massima attenzione alle tempistiche, che dovevano consentire a ciascuna spedizione di incontrarsi per effettuare un accurato passaggio di consegne. Mettere tutti su un aereo e portarli sul “tetto del mondo” non è stata un’impresa per cui sarebbe bastato un efficiente tour operator perché la cosa fondamentale per la buona riuscita della missione era lavorare per costruire il gruppo: non un semplice insieme di persone che affrontava un viaggio movimentato ma un equipe di medici motivata che rappresentasse al meglio la nostra categoria e la nostra Fondazione, in grado di rendere operativo un sistema base di cura dove non esiste quasi niente.
I diciotto volontari in questo si sono rivelati davvero straordinari, non ho parole per ringraziarli per il loro grande contributo, non solo nei giorni della missione ma per tutto il periodo che ha condotto lì. Oltre a dare la disponibilità per due incontri preliminari, ciascuno di loro si è attivato personalmente presso le sedi locali ANDI e attraverso i propri contatti per “dare gambe” alla nostra avventura. In questo modo è stato possibile raccogliere fondi utili per acquistare in loco il necessario per completare l’ambulatorio e attivarlo, oltre una grande quantità di materiale odontoiatrico di consumo e attrezzature, trasportati suddividendoli fra i bagagli di tutti. La sezione ANDI Rimini ha addirittura donato un mini-riunito portatile che è stato utilissimo per le visite nei monasteri e nelle zone più remote del Paese.
Partite le prime due spedizioni mi ritenevo abbastanza tranquillo, seppur con alcuni imprevisti anche gravi, tutto procedeva e dall’Italia stavo mantenendo i contatti con i volontari e li supportavo. Finché un giorno mi annunciano che il Dalai Lama avrebbe inaugurato ufficialmente la clinica che ospita il nostro ambulatorio e che mi aveva invitato. Cosa fare? Restare in Italia e rinunciare a questo incontro straordinario o stravolgere tutti i piani e partire, velocemente? Avevo poco più di quattro giorni per decidere e raggiungere Padum, ho accettato anche questa sfida e sono partito. Il viaggio, come da copione, è stato rocambolesco, tra mille disavventure e qualche colpo di fortuna ho rischiato davvero di non arrivare in tempo ma ce l’ho fatta. La sera precedente la cerimonia di inaugurazione ero finalmente all’ambulatorio, con i colleghi lo abbiamo allestito al meglio con le bandiere di Fondazione ANDI e la domenica mattina il Dalai Lama, dopo essere stato accolto da una folla festante, faceva il suo ingresso anche nelle due stanze che ci sono costate così tanta fatica.
Chi l’avrebbe mai detto che quell’avventura iniziata nel 2009 con una tenda canadese adibita a “dental clinic” sarebbe terminata con il leader spirituale del Tibet, premio Nobel per la pace, che mi tiene per mano e autografa una bandiera di Fondazione ANDI nell’ambulatorio odontoiatrico che abbiamo costruito? Descrivere l’emozione di questo incontro non è facile, ricordo però la mano delicata di questo uomo nella mia, piccola come quella di una bimba ma dalla stretta energica, così come lo è la sua voce quando guardandosi intorno del nostro progetto dice “Beautiful furniture! Wonderful!”. Certo, nemmeno lui è stato disposto ad accomodarsi a cuor leggero su una delle poltrone ma ha avuto parole bellissime e illuminanti per noi, e per gli altri medici americani presenti alla clinica, impegnati a curare il suo popolo. Ogni volta che ci ripenso ho la sensazione di aver partecipato a un incontro non casuale, importante per me ma anche per la nostra Fondazione ANDI a cui ho riportato la bandiera autografata e con una preghiera in sanscrito che dice: “Ogni mese, ogni giorno, ogni anno”.